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La trasparenza nel mercato dei diamanti di Marcello Manna

La trasparenza nel mercato dei diamanti.

La materia prima più preziosa e più trasparente al mondo ha avuto, fino ad oggi, il suo punto di forza proprio nella non-trasparenza e nell’asimmetria informativa. Punto di “forza” per chi possedeva le conoscenze necessarie per estrarre, trasformare e commercializzare il prodotto; punto di “debolezza” per gli operatori meno accorti e per i consumatori finali. Ricorderete tutti la celebre campagna pubblicitaria “un diamante è per sempre” della De Beers che fin dal lontano 1948 campeggia sui media di tutto il mondo per promuovere la conoscenza del prodotto e la sua diffusione. La De Beers pensò di costringere l’intera filiera a prepararsi per soddisfare la domanda di qualità proveniente dal pubblico stimolato dal famoso slogan. Nel dopoguerra, come oggi, il problema risiedeva, innanzitutto, nell’incompetenza e l’impreparazione degli addetti ai lavori che, non conoscendo adeguatamente i diamanti, non riuscivano a venderli. Non è inconsueto imbattersi, purtroppo ancora oggi, imbattersi in commercianti e gioiellieri al dettaglio che non distinguono un fondo di bottiglia da un prezioso diamante! Dopo il 1990 arrivarono dagli USA le analisi gemmologiche, i cosiddetti “certificati” che rivoluzionarono il modo di selezionare e vendere i diamanti: non più a lotti, ma per singoli pezzi ed eventualmente sigillati per maggiore sicurezza del cliente. I criteri, per attribuire un valore ad un diamante tagliato, furono definiti nel 1953 dal GIA (Gemological Institute of America) che ancora oggi attribuisce il titolo accademico più prestigioso al mondo in campo gemmologico di Graduate Gemologist di cui il sottoscritto è orgogliosamente insignito. Il GIA è un ente di formazione senza fine di lucro e fu fondato nel 1931 a Los Angeles dal gioielliere Mr. Shipley con i propri risparmi, che riteneva assurdo che i gioiellieri non avessero le conoscenze di base per riconoscere e valutare le pietre preziose.

Un’analisi gemmologica deve fare riferimento agli standard di classificazione internazionali introdotti dal GIA che possono essere sintetizzati nelle famose 4 “C”: CUT (Taglio), CLARITY (Purezza), COLOR (Colore) e CARAT (Peso).

L’analisi gemmologica detta certificato di un diamante non è una stima, ma è un mezzo per permettere ad un professionista di arrivare ad una stima e svolge le funzioni simili ad giudizio di un’agenzia di rating. Quindi, avviso importante per chi acquista un gioiello oppure una gemma ai fini d’investimento, l’analisi gemmologica o certificato deve essere autorevole e riconosciuta a livello internazionale, altrimenti nel momento in cui si dovesse decidere di rivendere il proprio diamante o la propria gemma, potrebbe avere qualche sgradita sorpresa.

La conoscenza e la trasparenza non dovevano rimanere ideali astratti in un’industria che muoveva tanto denaro. A questo scopo, nel 2002 fu sottoscritto – sotto l’egida dell’ONU – il Kimberley Process Scheme, un accordo tra i maggiori paesi coinvolti nella produzione e nel commercio di diamanti per salvaguardare le condizioni di lavoro dei lavoratori nei luoghi di produzione e preservare il commercio da pericolose infiltrazioni di traffici illeciti.

Se il primo tassello della genuinità e della legittimità del prodotto potevano essere raggiunti in qualche modo con la consegna al cliente del certificato, rimaneva la questione del prezzo: dove si trova il prezzo dei diamanti? Nel 1970, Martin Rapaport ebbe la geniale intuizione, su cui ha creato un impero, di formalizzare quello che avveniva tutti i giorni nelle sale degli scambi delle 3 Diamond Exchange più importanti dell’epoca: Anversa, Tel Aviv e New York. Fino a quel giorno i prezzi erano ricavati dal mercato locale e quindi quello che era vero ad Anversa, non corrispondeva a New York.

Il problema, di non facile soluzione, era come codificare il prezzo delle circa 16.000 qualità brevettate dalla De Beers e renderlo uno strumento facilmente consultabile?

Dopo qualche anno trovò il sistema e, da allora, ogni giovedì pomeriggio tutta l’industria dei diamanti attende di leggere la “lista” (Rapaport Diamond Report) per comprare e vendere i propri diamanti. Questo listino non è pubblico, ma è riservato agli addetti ai lavori che sottoscrivono il servizio. Questo piccolo monopolio del mondo dell’informazione nel settore dei diamanti subisce continui attacchi nell’era internet, ma non nei riguardi di Rapaport, ma di chi lo nasconde. Se ci sono, infatti, diversi tentativi di fare concorrenza al listino Rapaport o di imitarlo per scardinare il suo potere, la conseguenza più clamorosa sta avvenendo a favore del grande pubblico. Se il consumatore finale entrasse in possesso di questo listino, riuscirebbe ad ottenere la seconda chiave per la determinazione del prezzo dei diamanti, quindi, coloro che approfittano ancora oggi di questo elemento di non conoscenza del cliente, si troveranno ben presto a bocca asciutta, anzi, a tasche vuote. Ben presto perché esistono aziende, come la nostra, che vendono da tempo diamanti di ogni tipo direttamente al grande pubblico ai prezzi di listino Rapaport. Quindi, quando trattate un diamante chiedete sempre con quale differenza vi viene offerto rispetto al listino Rapaport corrente, così da valutare la convenienza dell’acquisto. Molti operatori del grande mercato dei gioielli fanno parte di un mondo che non esiste più ed, ammetterlo, sarebbe il primo passo per passare dal deprimente concetto di “crisi” a quello più positivo di “cambiamento”. E’ notizia di questi giorni che la De Beers ha inaugurato il servizio – per il momento limitato agli USA – per la vendita dei diamanti usati a quotazioni di mercato.

L’Italia è uno di quei paesi dove il listino ufficiale dei diamanti è quasi sconosciuto agli acquirenti di gioielli con diamanti ed è il solo paese al mondo dove i diamanti sono venduti anche in banca, in maniera poco professionale e molto aggressiva nei confronti dei gioiellieri dettaglianti.

L’inevitabile uscita dal mercato degli operatori inefficienti che producono e/o vendono senza realizzare utili, favorirà la nascita di un mercato più efficiente con margini adeguati per gli operatori che resisteranno. Questo processo di rinnovamento, grazie ad internet, continua e oggi tutto sembra andare nella direzione giusta della trasparenza sia nelle transazioni commerciali sia nella contabilità per rispettare la rigida normativa riservata agli operatori del mercato dei diamanti.

Anversa, 2 marzo 2016

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